sabato 15 settembre 2012

Tutte le sfumature del grunge e l'esperienza italiana

La Space Needle
Da appassionato, non posso far altro che esporre alcune mie idee sull'argomento, anche per cercare di non confondersi e scambiare per grunge tutto quello che può assomigliarli nel sound. Troppo spesso questo genere viene calpestato da band postume che con i loro motivetti orecchiabili e testi banali, violentano letteralmente l'essenza nata e cresciuta in quel di Seattle. Ma il grunge non è circoscrivibile ad un luogo ben definito. Quando si parla di questo vario genere, vengono in mente i gruppi più famosi, come i Nirvana di Kurt Cobain, i Pearl Jam di Eddie Vedder e gli Alice in Chains di Laney Staley. Anche i Soundgarden sono spesso portati alla ribalta, ma in misura minore. 

I gruppi sopra citati, che vengono universalmente riconosciuti come grunge, hanno differenze sostanziali fra di loro, pur mantenendo un filo conduttore, quello riguardante le tematiche trattate: malessere, violenza, smarrimento. I Nirvana appartengono ad un filone più punk, che affonda le radici in quel mondo hardcore, distrutto dal benessere materiale, dalla disco dance e dalla "bella vita" degli anni 80, mentre i Pearl Jam, gruppo più "moderato" sia nel sound che nelle tematiche, è stato molto più propenso a pescare in quel mondo rock che è riuscito a sopravvivere ad ogni cambiamento, fino ad arrivare alla devastante tendenza "AOR" dei Toto, dei Journey e di molti altri.

Una parola in più meritano gli Alice in Chains, anche perché dei Nirvana ho ampiamente parlato in un post a loro dedicato e dei Pearl Jam parlerò prossimamente. Questo gruppo si può definire il più "estremo" tra tutti quelli che hanno creato e portato avanti il genere fin dagli albori. Il sound è duro, derivato dall'heavy metal, i testi sicuramente tra i più rocciosi ed introspettivi, la morte e la distruzione sono spesso al centro delle canzoni, argomenti che hanno trovato la fertilità ideale in un periodo buio per le "new generation", dove disoccupazione e droga facevano da padrone in ogni angolo delle più grandi città americane ed europee. In questo caso è da sottolineare che, a differenza degli altri gruppi, che provavano quasi disprezzo per il genere glam metal, il cantante degli Alice in Chains, Laney Staley, proveniva proprio da quell'ambiente, facendo in precedenza cover dei Motley Crue, dei Van Halen e degli WASP. Tramutandosi in punto di unione fra i due generi si è creato un qualcosa di unico, sia stilisticamente, per le scene sul palco, ma anche per quanto riguarda il sound. 

Gli Alice In Chains
Personalmente detesto le esagerazioni glam e hair, così come sopporto a malapena il genere. Infatti anche la presenza scenica dei primi live degli Alice In Chains non mi ha fatto impazzire, pur mi sia piaciuto enormemente il suono degli LP successivi, partendo dallo storico "Jar of Flies", entrato di diritto nella storia della musica, per quell'atmosfera pesante, carica d'ansia e di disperazione che forse si riesce ad eguagliare solamente ascoltando "Something in the way" dei Nirvana. Purtroppo questa tendenza estrema della band ha portato alla morte prematura del cantante Staley e del bassista Mike Starr, entrambi a causa della dipendenza da eroina. Ci sono comunque anche altri gruppi, meno conosciuti, come i Gruntruck, adatti per gli amanti del suono grezzo e sporco, che vale la pena di ascoltare per avere chiaro il quadro del sound di Seattle.

Cambiamo in parte argomento. All'inizio di questo post ho scritto che il grunge non è circoscrivibile in un solo luogo, anche se indubbiamente l'humus culturale americano ha permesso la nascita di questa tendenza. Un amico mi ha fatto notare che anche in Italia ci sono stati gruppi che hanno esordito o si sono confermati con tendenze post punk che potrebbero richiamare il genere. Due esempi sono i Marlene Kuntz, con il loro primo album "Catartica" e i CSI con "Ko de mondo". I primi esordiscono con un album che pur avendo carattestistiche new wave e mantenendo una vena cantautoriale tipica dei gruppi italiani, ha una sonorità decisamente più dura, che fa riferimento appunto ad un retroterra culturale prettamente punk. Ascoltare "Lieve", per credere, canzone di maggiore successo dell'album e autentico capolavoro della musica italiana anni 90'. 

Qualcuno azzarda nel dire che se i Marlene Kuntz fossero stati inglesi o americani, sarebbero passati alla ribalta mondiale in poco tempo. Forse hanno ragione, ma c'è da considerare gli evidenti limiti della lingua italiana in quanto a musicalità e alcuni schemi prettamente mediterranei, come la ricerca del concetto sempre attraverso il testo, tralasciando spesso le melodie. Questi sono comunque altri discorsi. Arriviamo ai CSI, nati dalle ceneri dei CCCP che già in passato avevano manifestato con il loro post punk/new wave delle tendenze davvero uniche ed originali. Ad ora mi viene in mente la canzone "Io sto bene", dove Ferretti alla voce si interroga se quello che facciamo tutti i giorni sia effettivamente per migliorare la qualità della nostra vita, o che sia solo una formalità, magari indotta, per mantenere alcuni status. "Ko de mondo" è la storpiatura del nome di un piccolo paese emiliano, terra di provenienza di Ferretti e di Massimo Zamboni. Qui, oltre alle sonorità, si trattano argomenti delicati, come la fine di un mondo, l'aver messo al tappeto non solo l'Unione Sovietica, dopo la caduta del muro di Berlino, ma anche l'idea di Europa stessa, in un gioco di idee geopolitiche e domande esistenziali. 

Sicuramente questo tipo di "grunge", rientra molto di più nei canoni post punk, ma è interessante vedere come questi due album siano stati i primi LP di due gruppi che avrebbero caratterizzato la scena alternativa italiana per un decennio, proprio nello stesso periodo in cui, dall'altra parte dell'oceano atlantico, moriva Kurt Cobain, anno 1994. Quindi, quando qualcuno obbietterà che il grunge ha prodotto poco, potete sbattergli in faccia la realtà di una generazione, che partendo dalla fine degli anni 80', arrivando alla metà dei 90', ha sfornato capolavori e modi di fare musica prendendo un po dal passato, ma affondando appieno le proprie radici nel presente. Magari non tutti uniformati sotto una stilistica ben precisa, ma con riferimenti universali adatti ad ogni luogo dove ci fosse qualcosa da rimpiangere.

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